Il sonno delle ragione… genera parcheggi

Chissà perché nel non lontano 2005, G.M.Villalta, nel suo lungo saggio per la Scuola Holden “Il respiro e lo sguardo” titola il capitolo dedicato alla poesia neodialettale “ampio parcheggio accanto al nulla”. Nel testo non è spiegato, ma ora, davanti al parcheggio di via Vallona tappezzato dalle fotografie di De Marco, il suo significato si fa più chiaro.
Casualità, preveggenza, capacità di anticipare il corso degli eventi, o molto più semplicemente, visto il suo ruolo predominante sul palcoscenico pordenonese, una predizione che si autoavvera ? Vediamo dove ci conduce questo dubbio .
Preliminarmente ricordiamo che già Federico aveva detto la sua sulle titolazioni e precisamente in uno degli elzeviri scritti per il Gazzettino, quello su P.P.Pasolini, leggiamolo integralmente:

E’ troppo tardi per dire
Lasciatelo stare.
Già stanno costruendo
un palazzo polifunzionale.
Anni fa polemiche feroci per intitolargli una scuola.
E poi
più uno è grande e più fa paura.
Ancora. Ipocriti.
L’avete perseguitato ed è scappato
cane impestato E adesso
gli siete addosso.
Senza vergogna.
Tra poco anche i cessi
avranno la targhetta con il suo nome.
Si dice
“uomo contro” ed è come dire che gli piaceva il gelato.
Mi inginocchio in silenzio.

Questo scritto è importante non solo perché chiarisce in modo definitivo la questione della titolazione, per chi abbia voglia di capirla, ma anche perché ci dà l ‘ ennesima prova dell’identificazione che F.T. fa con la figura di P.P.P. già ampiamente descritta nel libro da noi editato e da tenere costantemente presente.
“A proposit di Pier Pauli. sant, ve dis in anteprime che ancje jo soi sant”
Sempre a proposito dj identjficazioni, va ricordato che a Udine (o meglio a Pradamano) Via P.P.Pasolini è una strada di centri commerciali, fabbriche più o meno chiuse, locali e bar, e di una multisala cinematografica, ovvero l’immaginario postindustriale e neoliberista al suo massimo splendore, per modo di dire.
Nonostante queste premesse, evidenti, pubbliche e pubblicate, sotto gli occhi di tutti, gli “amici di Tavan”, più o meno i soliti con qualche new entry quali assessori, musicisti, fumettisti (mancavano ?) pensano bene di organizzare una sorte di celebrazione del “genio maledetto” , il Campana friulano, del poeta Tavan e della sua poesia ” trascritta sia in dialetto andreano che in lingua italiana” come leggiamo dalla presentazione dell’ iniziativa
Per noi uno squallido tentativo di santificazione della ” nostra preziosa eresia” per usare l’abusatissima citazione della Vellerugo. Decidetevi…… Santo o Eretico?? È il rogo che fa la differenza !!!
In queste premesse possiamo già indovinare retrospettivamente la parabola di solitudine e sofferenza, intellettuale prima che vitale, che lo avrebbe portato alla sua “morte” poetica/politica prima, reale dopo. Noi ci vediamo anche la totale mancanza di rispetto verso il suo pensiero, scritto e dichiarato , che caratterizzerà costantemente i rapporti con i vari salotti (come lui li chiamava) con cui si incrocerà e si scontrerà.
Questa santificazione pordenonese ha tre particolarità che vorremmo approfondire, sorvolando su quelle già altrove evidenziate: Udine con Vicino/Lontano e Portogruaro con Porto dei Benandanti (vedi volantini)

1° – La celebrazione/dedicazione rientrava all’interno della “giornata nazionale della poesia” il che ci dovrebbe spiegare di chi sia stata la regia dell’ operazione, ben conoscendo chi comanda in campo poetico (il premio Villalta, castello di, sta li a dimostrarlo). Così si può capire il reale significato di quello strano titolo. Per noi rimane la domanda su come sia (stato) possibile usare la poesia come mezzo (di trasporto, quasi) per fare passare idee e concetti di ben altra portata. e usare la bravura/notorietà/importanza di Federico quasi come un cavallo di Troia per penetrare dove prima non erano mai arrivati (questo passaggio va elaborato ulteriormente)

2° – In questa occasione l’aspetto iconografico è strabordante. Le fotografie, sempre le stesse, erano presenti anche a Udine( persino sui sacchetti di carta per il pane) e Portogruaro, ma qui si è strafatto: gigantografie in città, nei luoghi marginali !!, nel parcheggio permanenti, proiettate sui muri, distribuite come cartoline e chissà cos’altro che non sappiamo.
Pensiamo si giunto il momento di chiedersi se questo sia corretto; in altre parole, chi vorrebbe vedere la propria faccia usata in questo modo?? O meglio, perché gli ” amici” non mettono la loro di faccia !!!! L’ abuso che De Marco fa dell’immagine di Federico è qualcosa che non ha confronti con nessun altro caso a mia conoscenza.
E’ ora che su questa faccenda si discuta anche e specialmente da parte di chi con le immagini (foto, video, etc. ) pretende di definirsi artista, creativo e cose così, e sono in tanti e anche bravi.

3° – Il centro, il cuore, il senso, dell’ operazione “ricordiamo Tavan” sta però nella dedica del parcheggio di Via Vallona . PERCHE’?? Perché un parcheggio e non una scuola, una biblioteca, un parco come banalmente abbiamo letto in rete ???
Ufficialmente le cose stanno così: (direttamente dal comunicato degli amici)
“La scelta di collocare in questo contenitore la gran parte degli eventi ha il fine di valorizzare uno dei luoghi della città di proprietà del Comune, cercando di attribuirgli più ruoli e significati con lo scopo ultimo di crescere in utilità sociale. In ogni caso si tratta anche di una scelta piuttosto funzionale dal momento che chi desidera intervenire agli eventi parcheggia l’ auto , paga la sosta, e si ritrova già nel sito che è sede dell’evento.”
Durante l’iniziativa qualcuno ha parlato di “contaminazioni” e di “gallerie d’arte in luoghi non convenzionali” , argomenti tipici in questo genere di kermesse modaiole.
Noi pensiamo che queste siano delle falsità solo ” leggermente coperte da un sottile strato di polvere di verità apparente… .. …basta soffiarci sopra”
Marc Augè definisce questi “non luoghi”, Federico, al contrario, chiama non luogo Andreis, il suo paese. Chi avrà ragione?? io (noi??) sto dalla parte di Federico. In questa divergenza penso si possa intravedere la costante opposizione fra l’ universo post-capitalista e iper tecnologico e una dimensione antropologica ecologicamente consapevole, o anche, per dirla con Pasolini, fra borghesia e culture popolari, ma anche fra” lingua” (di stato) e “dialetto” (di non-stato), o andando ancora più indietro, fra città e campagna.
Penso che le vicende che riguardano Federico si inseriscono in pieno in questo contesto e che l’indagine su di loro possano contribuire a comprenderlo meglio, e in modo specifico l’aspetto linguistico.
Anche la vicenda del parcheggio, a mio modo di vedere, va letta come una questione linguistica (o semantica ??)
Provo a spiegarmi riassumendo alcuni passaggi de “Il governo dell’uomo indebitato” di M.Lazzarato a cui rimando.
Negli anni sessanta Pasolini legge il passaggio al neocapitalismo (il mutamento antropologico) a partire dai cambiamenti linguistici in letteratura e nelle pratiche linguistiche degli italiani., dai dialetti ad una lingua standard, quella televisiva. E’ quella che definisce “la sostituzione delle lingue delle sovrastrutture (culturali) con le lingue delle infrastrutture (industriali) ”
Sono le aziende, la televisione, la pubblicità e non la pratica quotidiana sedimentata da secoli a creare la lingua. ( Su questi argomenti “Empirismo Eretico” è di una attualità e bellezza sconvolgenti ancora oggi… e ricordiamoci che quella di Pasolini è una denuncia, non una teorizzazione, della morte dei linguaggi popolari e delle società di riferimento, come quasi tutti quelli che hanno avuto a che fare con Federico vogliono farci credere)
Oggi le cose sono ulteriormente cambiate in seguito alla proliferazione delle tecnologie informatiche e al conseguente passaggio al neo liberismo finanziario.
Quelli che contano (purtroppo) sono i linguaggi a-significanti .
Cambia Io spread di un niente e stati interi vanno in crisi, aumenta un tasso d’interesse e milioni di persone sono ridotte alla fame, un algoritmo per i prestiti sub-prime mette sul lastrico migliaia di famiglie e via di questo passo.
Non servono parole per avere effetti devastanti e i discorsi verranno dopo a giustificare lo stato delle cose. Questi linguaggi che non significano niente ma determinano tutto sono sempre più invadenti e li sperimentiamo quotidianamente nelle banche, nei supermercati, nei distributori, nei………parcheggi. Nessun essere umano con cui comunicare, ma tutto funziona con schede, tessere, ticket, codici etc.
Il parcheggio diventa allora uno questi “iper luoghi” per antonomasia. Un iperluogo vale un altro. Ecco allora che dedicare ad un poeta che scrive nel suo friulano di Andreis,(la lingua meno parlata del mondo dice lui), un parcheggio dove si entra e si esce a pagamento con modalità a-significante prende un sinistro significato.
Il parcheggio diventerà cosi una TOMBA dove sotterrare la lingua e quindi il pensiero di Federico. Una tomba imbiancata con cui siamo costretti a fare i conti ogni qualvolta passiamo davanti (spesso) o parcheggiamo (quasi mai) chissà per quanto tempo ancora.

A proposito di lingue e dialetti constatiamo che in Friuli, sia di qua che di là da l’aga, da un po’ di tempo il termine Neodialettale fa rima con Neoliberale e su questo non mi dilungo ma invito a leggere in questo quadro le considerazioni di G.M.Villalta nel suo “Padroni a casa nostra” dove più chiaro è il passaggio dal piano poetico a quello politico (Triveneto-Nordest-Grande Veneto etc) Del resto tutta la vicenda “Torrenti”, l’assessore regionale alla cultura accusato di avere utilizzato parecchie migliaia di euro per le proprie Cooperative, con la lunga lista di firme di solidarietà da pm1e della stragrande maggioranza dell’intellighenzia friulana, dice più di qualsiasi discorso.
Fra lobby della cultura e lobby della politica non c’è più nessuna differenza,….. sono la stessa cosa, come abbiamo denunciato/dimostrato in anteprima a Vicino/Lontano.
Per aprire una discussione su F.T. da questa prospettiva abbiamo autoprodotto il nostro dossier
“Nome che lenghe chi a ne permet de fevelà” , ma nessuno, proprio nessuno, ha avuto il coraggio (intellettuale anzitutto) di rispondere .
Abbiamo aspettato diversi mesi nella speranza che qualche testa pensante dicesse qualcosa su questa vergogna che è il parcheggio di via Vallona , ma niente, qualche mugugno sotto voce ma senza farsi sentire.
Ai muri di gomma, alle teste di c….nascoste sotto la sabbia, alle facce di m.. …che fanno finta di niente, è venuto il momento di rilanciare la sfida

Chiediamo che venga annullata la dedica a F.T. del parcheggio di Via Vallona
Chiediamo che vengano rimosse le immagini e i testi che riguardano F.T. dal parcheggio
Chiediamo che la città di Pordenone trovi un modo per chiedere scusa a F.T. per quello che non ha fatto (quando forse serviva) e per quello che ha fatto (quando ciò era palesemente strumentale)
Chiediamo a G.M.V. e A.O. che prendano spunto dalle dichiarazioni dell ‘ omicida di J.Lennon (tanto per mischiare cultura alta e bassa) ” sono (stato) un idiota” prima di disinteressarsi definitivamente a F.T.
Chiediamo che nessuno/a personalità politica, anche solo un semplice assessore di qualche comune, sia accostato alla figura di F.T. (il presenzialismo della Serrachiani al suo funerale non è stata che l’ennesima vergogna)

Chiudiamo queste nostre riflessioni/contributi/provocazioni così come abbiamo iniziato,con un suo elzeviro che sembra proprio scritto per l’ occasione.

“In un mondo di arroganti, impostori, geni soltanto perché loro stessi dicono d’essere dei geni.
Facilmente smontabili, ma non puoi
Se li smonti, crollerebbe lo stato democratico”.

Nostra preziosa eresia

“SCRITTURE AL CONFINE 2015 – Rassegna letteraria transgenerazionale e transidiomatica” 

“Nome chê lenga chì a ne permet da fevelâ”
(Solamente questa lingua mi permette di parlare)

– Federico Tavan dai tempi di Usmis e del CSA all’infinito”.

Conversazione con Paolo Cantarutti e Massimo Masolini sul libro di/su Federico Tavan edito dal collettivo “Chialtres” (2014). Per contrastare un uso strumentale della memoria su un poeta ancora tutto da conoscere e per contrapporre un approccio storico e problematico alla sua vicenda poetica ed esistenziale.
Partecipano: Ivan Crico, Raffaele BB Lazzara.
Frammenti video con F. Tavan

Federico Tavan | Nostra preziosa eresia from Dobialab on Vimeo.


La rassegna, articolata in tre appuntamenti, è un progetto promosso da Dobialab con il sostegno del Forum Giovani della Provincia di Gorizia e con la collaborazione del Comune di Staranzano e delle associazioni Lucide, Young for Fun, Mattatoioscenico, Porto dei Benandanti.

Un Linguaggio autonomo

“ …tutti i lama del Tibet riuniti possono scuotere sotto le loro sottane l’apocalisse che han preparato …”
(A. Artaud)

Federico Tavan, se voleva, sapeva farsi ascoltare.
Sarà che diceva cose che nessuno si sarebbe sognato di ignorare.
Sarà che sapeva come dirle e come scriverle, le cose che voleva dire.
E sapeva in quale lingua scriverle, nella sua, che dopo tanti anni è anche un poco la nostra … o no?

Federico Tavan è stata una intelligenza singolare che ha indicato luoghi non comuni e aperto inedite visioni sulla vita ma, direi, soprattutto sulle ipocrisie della nostra società, e, in particolare di certi ambiti e sistemi.

Il mio incontro con lui mi ha radicalmente cambiato la vita e mi ha dato prospettive divergenti sulle quali ragionare.

Qui non parlo di un dato estetico, non solo almeno, quanto di un dato profondamente politico.
E non solo e non tanto perchè Tavan era un proletario orgoglioso di esserlo e dichiaratamente anarchico ma perchè tutta la sua vita e il racconto che ne fece fra poesie, lettere ed altri scritti come le sue memorabili performance ed il suo ultimo silenzio, lo sono.

La sua poesia non aveva nè ha bisogno di esegeti, critici letterari: le sue parole sono chiare, dirette, si spiegano da sole.

Parole autonome nel discorso.
Autonome nel linguaggio, e nella lingua.

È stato triste vedere quest’uomo, nonostante le sue reiterate denunce anche pubblicate da chi evidentemente non ne comprendeva il significato, è stato triste vedere questo nostro maestro e complice, questo compagno di giochi infuocati, affondare nel vuoto di contesti sociali e culturali a lui estranei, tanto da scegliere, infine, il silenzio.

Un uomo che scriveva di amare talmente le parole che se le sarebbe mangiate, arrivò a scrivere “[…] è arrivata la nausea delle parole […] Le ultime poesie lette in pubblico le leggevo con conati di vomito.”

Era il più grande fra di noi e nessuno ha avuto il coraggio di proteggerlo, forse per rispetto, per pudore, ma la vacua dabbenaggine delle conventicole provinciali l’ha portato a soffocare nel silenzio.

Si, è stato triste vedere questo intelligentissimo ermeneuta della nostra pochezza culturale su ogni prospettiva pedagogica altra, libertaria, autonoma, venir depotenziato del significato delle sue stesse parole.

Depotenziato del suo pensiero creatore di significati liberati e connessioni straordinarie.
Depotenziato da coloro che forse, volendo salvarlo da se stesso, hanno innescato nel suo straordinario fisico sovversivo la depressione.

Le sue parole, comunque sono ancora lì, per tutti.


Raffaele Lazzara
pubblicato su A rivista anarchica , ottobre 2014

Tavan poetic strike, Avost 2014

azion poetiche di sotrazion creative

Chist an, dopo dal il lavor cul coletif Chialtres pal libri disore Federico Tavan e la esperience usmatiche e dut ce ch’al è sucedut ta chei mes cà, o ai dicidut di taca cunt un siopar – azion di sotrazion creative.

Di cumò indevant o lassarai piardi la scriture poetiche e i meeting poetics, partecipazions e publicazions a robis leterariis e vie disint.

Parcè che no si puès fa puisie int une societat che dopre un omp cemut ch’ al ere Federico Tavan e podopo lu siare int une chebe,  dome par celebralu e santificalu – lui, eretic e luteran – dopu muart tal marcjadut provincjal dal spetacul e da culture di chei ch’a podin, in pins disore di chei che no podin plui.

Dulà erino ducj cuant che Federico Tavan al viveve prime int un lager psichiatric a Manià, dopo, in t une cjase di polse par vecjus cul alzheimer?

E dulà erio jo?

Par cui, la robe mior di fa al è, cuant che no si sa plui ce disi, sta cidins.Sentasi su la panchine plui vecje e fumasi un spagnolet.

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Raffaele BB Lazzara,  Monfalcon, ai 26 di Avost dal 2014

Chialtres

Trima man trima
che li peraules
i esce contentes.
No faviele de vo
no meretâ nua
e faviele de chiei chi piert.
E faviele de chialtres.
Chiei cu la musa
bieliscima.
Granda coma al sorele
ca rît anc’ de dolour
spiciota can 38 dinc’
a ju piert par strada
barba fata e no fata
da nin vizious de cjcolata.

(“Patrie dal Friûl” n. 7, 1993)

Gli altri. Trema mano trema / che le parole / escono contente. / Non parlo di voi / non meritate nulla / parlo di quelli che perdo. / Parlo degli altri. / Quelli con la faccia / bellissima. /  Grande come il sole / che ride anche di dolore / risata a 38 denti / li perdo per la strada / barba fatta e non fatta / da bimbo goloso di cioccolata.

par-poki

A proposito di Tavan

«Diceva cose che nessuno si sarebbe sognato di ignorare. Sapeva come dirle e come scriverle, le cose che voleva dire. E sapeva in quale lingua scriverle, nella sua, che dopo anni è anche un poco la nostra». Lazzara confessa che «l’incontro con Tavan mi ha cambiato la vita. Era un proletario orgoglioso di esserlo, dichiaratamente anarchico come lo furono tutta la sua vita e il racconto che ne fece». Insomma Tavan «non aveva nè ha bisogno di esegeti: le sue parole sono chiare, si spiegano da sole. Sono parole autonome nel discorso, nel linguaggio e nella lingua». E poi la denuncia: «È stato triste vedere quest’uomo, nonostante le sue reiterate denunce anche pubblicate da chi evidentemente non ne comprendeva il significato, affondare nel vuoto di contesti sociali e culturali a lui estranei, tanto da scegliere, infine, il silenzio». «Era il più grande fra di noi e nessuno ha avuto il coraggio di proteggerlo, forse per rispetto, per pudore: ma la vacua dabbenaggine delle conventicole provinciali l’ha portato a soffocare nel silenzio»

da “Il Gazzettino”, novembre 2013

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