Bye bye BB Lazzara

Un ricordo di Raff BB Lazzara a Radio Onde Furlane, 25 giugno 2016.
Con Paolo Cantarutti, Massimo Masolini, Stefano Moratto, Adriano Venturini, Cosimo “Mino” Specolizzi.

Ascolta la trasmissione

Grazie a Radio Onde Furlane

Appunti per un Orto Salentino

“difint i palés di oràr o aunàr I nons dai dius grecs o cines Mor di amour par li vignis E i fics tai orts” (P. P. Pasolini)
 “My my, hey hey Rock’nroll is here to stay” (N. Young)

Con i piedi ancora incerti, sceso dal treno nella bella e rossa terra degli ulivi, muovo i primi passi imprecisi, zoppico barocco dietro allo zio che mi porta nell’orto. L’ora è panica, il cielo è azoto blues. Sono nel silenzio di questa campagna aperta, abitata da pietre, sabbia, cardi e carrubi, finocchi e sterpi. Megaliti.
Un bosco di ulivi monumentali alla mia sinistra, una vigna circondata di fichi, mirti e ginestre alla mia destra. Tacere è santo in questo luogo. Tanto silenzio e poi, come in sogno, il ritmo quieto delle ali degli uccelli, il mare. Nella terra che dissero del rimorso, con ironica e civile lentezza le persone fanno la fila per pagare alla cassa del fornaio.
Sul frigorifero c’è una madonna, protettrice delle bibite. E al bar la ragazza mi restituisce una moneta: “qui l’acqua non si paga” dice. Ma il pozzo sa di sale. La terra diviene polvere, il deserto avanza. All’ombra si sorseggia un caffè, si fuma una sigaretta. E’ caldo.
Il sole danza nel cielo. Le sorelle parlano nella lingua olimpica e tragica del mare nostro, col suono antico e vero di una allucinazione. Poi sorge la luna e torniamo nell’orto a camminare tra le sue pietre emozionati in quel biancore, fumando. E poi il dì di festa. In un nodo, un fiocco, un gomitolo di tessiture pelagiche saltano fuori gli scazzamurrieddhi dalle specchie: poeti, scrittori, musicisti, un gruppo di comunarde di Urupia coi loro vini famosi, bolognesi molestatori, donne in cucina, bimbi piromani, l’edicolante barbuto e Milena. Lo zio ha lavorato, ha portato l’acqua, la luce elettrica ed ogni cosa, vuoi per la commedia che per la tragedia. Blasfemo come sempre sul sacro suolo del tondo mondo, spengo le mie cicche sulla terra dell’orto e accartoccio lattine di birra. Parole sante.
Cosa ne abbiamo fatto del nostro orto? L’orto che abbiamo ereditato dai nostri padri e dalle nostre madri? Un posteggio d’asfalto? Un centro commerciale? Come scrisse una grande poetessa dovremmo domandare agli dèi solo il piacere di perdonarci. Se non lo sappiamo noi, loro lo sanno il perché. Noi, inchiodati alla nostra vita prigioniera di quattro illusioni. Dormienti. Poi, destati in un orto, sotto un cielo deserto.


Carissimo, ti mando gli appunti scritti a mano. Spero tu capisca la calligrafia. Scritto col cuore. Un grande abbraccio, a presto. Raffael.

Traduzione da P.P.Pasolini: “Difendi i paletti/dell’olmo e dell’alloro/I nome degli dèi greci e cinesi./Muori di amore per le vigne e i fichi nell’orto” Un grazie a Stiefin Moràt e a D. Dmùs Virùs.


Tratto da Orto dei Tu’rat

Epistola Ziominorum mari

EPISTOLA ZIOMINORUM MARI ( Trastolon Cercli Mare)
Del mare ho da dire che
è amplio guardarlo camminando sulle rive con i granchietti che ti scorticano le dita e spiaccicandoli ma
in fonde dove abbiamo fatto il Maj noi Tras To Loihn? laddove il mare giunge ad una collina erbosa e si dice
San Marco vi Sbarcò nel 060 o giù di li e parole e violini e chitarre e voli di falconi in cerchio e sbornia di musica di sale laguna dolcezza malattia ma
in fonde dove abbiamo fatto l’amore io e la Fata a nette fra stelle e lucciole e la lune piena e l’aviazione americana che andava e tornava
dondolandoci la morte sopra ?
laddove il mare lambisce il nostro furore ancora giovane laddove canta la civetta e i pesci saltano per ricordarci che da là venimmo !

E Monfalcone è il punto più a Nord del Mediterraneo
con le osterie piene di carte marine e lacce di pescatori baffuti morti di cirrosi.

E a Buri, il paese della Fata ( a Sud di Udine a trenta chilometri dal mare) quando accade qualcose di strano, di non spiegabile, di non razionale, di misterioso, si usa dire” ‘e jè une robe ch’a vein dal mâr” cioè è una cosa che arriva dal mare.
La diversità, l’ignoto, l’origine, il tue, il mie, il vostro, il nostro mare, caraibici ed anfibii.

Su quell’albero spuntato dal mare e ha fatto dei cieli un arco a sesto acuto appeso ai nostri denti senza altra risposta ( Ferlinghetti).

Ieri sera un desiderio intense
un ruggito di conchiglia
un mormorio confuse
d’uccelli e uomini
e i corpi
erano barche (Ferlinghetti)

il poeta la
dondolare l’orizzonte (Adonis).

E noi che siamo davanti a questo mare corne sorpresi perché non si può andare, corne arresi, corne offesi, corne eccitati, in erezione, corne un’emozione aperta, corne una storia aperta, corne una madre quella distesa vista dal treno o corne un senso terreno che affoga, corne il destine che si sposta, corne una demanda, una risposta, una parola senza lingua, una lingua senza parola e una tribù, forse, senza luogo.

Ti bacio in fronte, zio                         tuo
Milano, 09 06 1999

I bambini di Sarajevo

performance di Raff BB Lazzara
Milano, 14 Giugno 1993

Testi di
Carolus Cergoly
Paul Klee
Raffaele BB Lazzara
Cosimo Specolizzi

Musiche di
GB Pergolesi
K.Weil
R. De Simone
musiche popolari salentine e friulane

Installazione e animazione
Raffaele BB Lazzara*


I BAMBINI DI SARAJEVO

Alza le mani il
filo di fumo ribalterò la notte
e il cielo che sovrasta la mia lingua
non sa più degli emigranti
di quei treni
andati avanti
a non ridere mai più
ragazzi
domani
posdomani

una noia più profonda dell’alba sull’acqua
ci consegnò alla vita impreparati
per questo siamo
andati
per questo ci vedete
e i nostri arti spezzati
e le vesciche al posto delle bocche
ma pirati
moschettieri
su e giù per i giardini a Giugno feroce
per i sentieri che van su alla moschea
i cimiteri che ridaranno i nomi
ed i cognomi
dei fratelli delle sorelle delle madri dei padri degli zii
dei nonni
di tutta la squadra che *
di tutti quelli che fumano
insonni l’erba afgana
e l’uva sultana
e l’acciuga salata morta fra i denti da latte
di tutte le notti
per tutta la notte
la voce
l’amore
la mamma
la culla
la nanna
la canna
Piangi figlio della bandiera
avvolgitici dentro

lanciami l’azzardo immenso della notte
fra i tuoi occhi di gesso
resuscitati

lanciami l’assurdo del sole, l’azzurro, la vita .

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