Quattro Canti cavalcanti

Raffaele B.B. Lazzara
QUATTRO CANTI CAVALCANTI
( Cuatri cjants * Cantos *.4/4) ·

Editsions El Marrano Pirata
Questi canti sono per Ariel “Askenazi” La Noche.


LE NUVOLE SOPRA CALLAO

Nel cielo giallo limone delle otto
fischietto
veloci e verdi nubi
sopra il letto
prese per il naso
soffietto
piantate nel soffitto
di Buenos Aires
ul tetto
un matto
dietro un cantone

la luna
affilata
strappa
la trippa
frittata
non pioverà che domani

Callao al 164
stanza d’albergo
nono piano
bevo birra Iguana
sul margine orientale
sotto un sipario di folgori e sale
nella città fiorita
e liberami dal male,
pibe,
patagone,
indio
labbra a matita

San Blàs esquina Segurola
quilombo & pistola
Segurola esquina San Blâs
gjolt e stâ in pâs
Sarmiento
goda e non m’accontento ( livoviz porteno, yerba paraguaya)
dentro a un vento
ch’è polvere e spavento
e liberami dal mare.

(05.11.2002)


LA NOTTE

La notte mi fa curioso
stanco
bolso
ma borioso

intenta un passo di parata
colore delle zucche
mentre piove
e poi
sarà mattino

La notte mi fa felice e scontento
perchè
mi parla
mi guarda
ma non ha tempo

e poi La Notte ha un naso
ha un volto
due occhi
ed un sorriso
ch’è come un vaso
di fiori gialli e rossi e blu
ed una voce
da rivolte di pinocchi
da carcere duro
da Paese dei Balocchi
di domande che non se ne può più
e di risposte che ne abbiamo
a pacchi

e vino tinto
e vino blanco
e spagnolèts

La notte mi fa curioso
come se fossi un cjossul
n coso
stanco bolso
ma borioso.

Vorrei solo una capriola
fra questi pensieri
e le parole
i buchi del bal betto
balletto
bèl
bi bi

Belletto
bello
letto
la notte mi accende e mi spegne
ed io la guardo
corne si guarda il sole
mentre piove

e penso:
il mondo è immenso
senza regola nè senso
e penso:
il cosmo è eterno
e doodolo
in questa notte
pregno e denso.

( 15.02.2003 )


LUNE (zûr di blue )

Blancje le lune
d’ajar le scune nestre
le plume ‘e reste
cruste leroste
dal flun
e Ariel

Seure le sere n
ere bandiere
vere le fan
drenoti dal grin
le pôre dure
e Ariel

Ariel tal mâr
ajar bausiâr
tal font amâr dal di bastart
spiete, jè ‘e tome
achi.

( 03.09.2003)


I TRE MOSCHETTIERI ( che erano poi quattro )
“No esist compaiîsi, no esist comp/asêsi ”
( Fabian Riz)

“Padre no, che mi ricordi … ”
( Pauli Gasparutto)
Fiocchi di neve nell’ acqua del fiume
di pece
di piume
lévati subito le scarpe che sporchi
ed i tuoi porchi porci
vàlli a ffare
comodi.

Con i loro quattro cavalli
giunsero i tre
moschettieri
ed è già domani

Ieri – ricordi ? –
eravamo al mare
mi dicevi robe rare
di sole e di sale
amare
amore
ed è già domani

metto avanti le mani
tocco le tette
le tocco tutte
e due
porco valli a fare i tuoi comodi
porci

lévati subito le scarpe che sporchi.

Sono parchi e sinceri
sono veri
sopra i loro destrieri

sono Zorro il tamarro
la tammorra dell’orbo
sono Zorba la troja e i suoi quattro in tabarro e son porci ( Comodi! Comodi!)
sono i tre porcellin
i comodini e, si, fieri,
i tre carabini
sono i tuoi moschettieri.

( 05.09.2003 )

LZZ MRN (prima parte)

Un refolo di vento lungo il viale
un doppio rum mentre piove fra i tigli
e goccia miele lungo le tende di sole che aprono
il cielo estivo al mare e al bosco

vino forte in usmiza
vino buono
tanto
e sigarette
e sigari tondi

pensando al sole che danza sulla costa
alla luna nuova
che imposta i nuovi nati
le streghe e i beneandants
le tarantate in camicia
verdi e brune al suono del violini

e, nel casino,
Garbe, l’Alieno,
con la chitarra al collo
fuma l’erbetta fresca della Bassa,
la soma, la psilocibe, l’ayahuasca

e si gode l’ammanite ed i funghetti,
l’oppio, il fungo della segale, la mescal, il peyote
la ferita sanguinante di un coltello

e versa liquore
Mama Coca

versa da bere
che sto bene


Raffaele BB Lazzara / Bisiakistan  – Vive le anarchie!

Gli spiriti dei due interruttori

(conta per il 95° giro di NonnAu)


Uno si chiama Tristano ed è piccolo, nano, un po’ grigio, è grassoccio e pelato.
L’altro si chiama Flaco, lungo e sottile, silenzioso, forse gentile.
Siedono sul davanzale interno della grande vetrata fiabesca che sormonta la curva delle belle scalinate in pietra della casa.
La casa della nonna dell’orso.
I due spiriti vivono là, in alto, fra la vetrata fiabesca e le piante che fioriscono in quell’angolo di luce che emana il sole ogni giorno da nordest.
O la luna, la mezza luna piena a mezzanotte nelle notti di burrasca.

I due spiriti abitano in quella casa da molto tempo. Arrivarono da molto lontano.
Uno, Flaco, figlio d’un’ape operaia e di un fungo porcino, nato lassù nelle vallate cento e passa anni fa.
L’altro, Tristano, venuto dal mare, figlio di una spugna e di un guscio di conchiglia. Erano arrivati in quella casa mentre i muratori la stavano costruendo, nell’anno 1935. Il luogo gli era piaciuto ed avevano deciso di fare di quella dimora la loro patria eletta. Due clandestini, due spiritelli della natura come ce n’è tanti, uniti da un’amicizia nata da qualche parte giù per la pianura, forse in una qualche frasca fra un goccio di bianco rubato o di nero rovesciato da un contadino ubriaco.

Nella casa, piena di bambine, bambini, cani, gatti, canarini, donne, uomini, soldati di alcuni eserciti di passaggio, nella casa v’era indubbiamente molta vita.
Ai due spiritelli piaceva, ma spesso desideravano un po’ di tranquillità: s’arrampicavano sopra agli armadi, su per le grondaie, in soffitta, sul tetto…
Alla fine s’accorsero che il posto migliore per avere tutta la situazione sotto controllo e­
per godere di una discreta tranquillità era proprio quel davanzale interno sotto la fiabesca finestra delle scale, fra i vasi delle piante.
Da allora, era la fine degli anni ’50 o i primi anni ’60, i due oziosi spiritelli se ne stanno lassù, salvo uscire la notte per far festa con un po’ di vino e un boccone di pane e salame.
Qualche volta hanno rotto un bicchiere od un piatto ma, al di là di questo e dei piccoli espropri culinari a cui sono avvezzi, non ci si può certo lamentare di loro.

Negli ultimi tempi sono un po’ invecchiati e, per questo hanno ancora più voglia di giocare.
Sospetto che siano loro che, a furia di scherzare con i due vecchi interrotori della lampada che, sospesa a tre metri dagli scalini, illumina le scale, fanno saltare la luce. Uno appeso ad un interrutore, l’altro a quello del corridoio, si dondolano facendo finta di essere due tecnici della luce holliwoodiani.


( Raff BB Lazzara, 28 Febbraio 2002)

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