Venti a Contatto, n°2, maggio·giugno 1989
Mi chiedo spesso cosa l’uomo medio italiano conosca del mondo arabo. Probabilmente ciò che viene trasmesso dai media, una collana di perle finte e offuscate. Per costui gli arabi sono scuri di pelle, amanti del tritolo e della guerra, fanatici, fumatori di droghe, miserabili ed esaltati, In pratica dei selvaggi, né più né meno di collie venivano definiti cent’anni addietro dalla propaganda colonialista somali ed eritrei. Le culture degli altri . sono folklore, i fermenti politici e sociali del “resto del mondo” sono manifestazioni di primitivismo ingenuo quanto violento.
Eppure, va detto; quando in Europa era Medioevo, dal fiorire della civiltà classiC!J, araba giunsero la chimica e la matematica(ovvero l’alchimia e l’algebra), la medicina, la filosofia di Averroè e vicenna (per citare i più noti), insieme ad un straordinario bagaglio culturale che spaziava dalla poesia all’architettura, dalla cucina all’arredamento, all’abbigliamento e via elencando.
Proprio · di questo periodo “dorato” della storia araba parlano talvolta sparuti intellettuali orientalisti, a partir da quando, con l’avvento degli Abbassitti, il mondo arabo abbracciava quasi tutto· il bacino mediterraneo e la lingua dei beduini del deserto era divenuta, grazie al Corano, la nobile lingua che legava i raffinati poeti del Califfato di Cordoba in Spagna, a quelli siciliani, ai siriani, ai persiani, agli egiziani, ai sapienti dell’opulenta Bagdad… Poi, a partire dal sedicesimo secolo, con l’oppressione dell’Impero Ottomano e quindi con il colonialismo europeo, soprattutto quello francese e inglese, la cultura araba cadde in disgrazia. I poeti continuarono per secoli a riprodurre pallide rielaborazioni del classicismo, non senza trascurare il loro grande amore per la parola, trascrivendo minuziosamente e tramandando tutto ciò che era stato operato e non distrutto o disperso dalle calamità e dal tempo.
Ed ora, alle soglie del terzo millennio, che ne è di tanta storia e di tanta cultura? L’anno scorso il premio Nobel per la letteratura è stato conferito ad un romanziere e statista egiziano Nagib Mahfuz. Questa è l’unica notizia sull’attività culturale araba diffusasi in Italia. In realtà il panorama culturale è, in questo periodo, quantomai vivo e fecondo, anzi, si può parlare· di una sorta di Rinascimento della letteratura e dell’arte araba.
Dopo più di tre secoli di sonno, dal Cinquecento all’Ottocento, le tensioni politiche che si determinarono intorno al dissesto dei grandi Imperi dopo la grande guerra, e le nuove espressioni artistiche che, con il colonialismo, venivano dall’Europa, scatenarono un risveglio dell’intelletto arabo. La sede d’indipendenza che scuoteva popoli arabi così diversi fra loro, dal Marocco all’Iraq, li rendeva uniti sotto due aspetti fondamentali e inscindibili: quello religioso e quello linguistico. La lingua classica, il verbo coranico che aveva . tenuto .saldi questi popOli dai dialetti e dalle etnie così differenti, li legava ora in quella che era, ed é ancora.il loro sogno: l’unità. La Nahda, cioè la resurrezione politica e culturale, era iniziata.
Così ai primi del secolo si andava creando una nuova letteratura, che, con un occhio al passato ed uno al futuro, celebrava· la nuova identità. Dapprima alcuni poeti, come l’egiziano Abu Shàdi di estrazione . liberale, si dedicarono ad opere di ricomposizione storico metaforica, mentre altri narratori dello stesso paese, quali Haikal e Mahmud Taimùr, senza dimenticare il poeta iracheno esistenzialista As-Safi An-Nagiafi, prepararono l’incontro dei · poeti mediorientali con il simbolismo ed il decadentismo · europeo.
Intanto, fra la fine degli anni ’40 e gli anni ’50 si svilupparono due grandi correnti poetiche:quella siro americana e quella irachena, che daranno poi vita a tutta la poetica attuale, compresa quella palestinese. · In Iraq spiccano le due figure di As-Sayyab, poeta affascinato da Eliot, scosso da una visione profonda e problematica-del marxismo e morto a soli trentasette anni in esiliò, e di Nazikal-Mlaika, raffinata poetessa rivoluzionaria che affrontò la questione femminista. Entrambi i poeti, coetanei, si’ contesero il primato di aver spezzato la rima chiusa e formale,la quasi da classica, con il verso libero, l’ash-shir al-hurr.
. Da questa sensibilità nacque, in Iraq ,/ un grande fermento letterario che si sta ancora evolvendo grazie soprattutto al lavoro di intellettuali e artisti esuli in Europa o in altre parti del mondo arabo. ·
In Siria, parallelamente,si sviluppò una scuola detta siro-libanese, che fece propri alcuni sviluppi del simbolismo inglese e del surrealismo francese; ricavandone opere di notevole tensione e rinnovando la struttura poetica… Said-Akl, Yusuf Ghasùb; ma soprattutto Adonis ne furono gli artefici più importanti: “Ai margini della disperazione sorge la mia casa/Le sue mura sono gialle come schiuma…” (Adonis).
Se il Medio Oriente si apre ad una nuova vita culturale, così non è per il resto dei territori. Nella penisola araba pochi sono gli innovatori, mentre nel Nordafrica, escluso l’Egitto, si preferisce lavorare nella lingua dei colonizzatori francesi, come il noto Ben Jallud, anche se i narratori tunisini, Bashir Khraifed altri letterati magrebini, stanno ri-arabizzando con tenacia la desolante panoramica lasciata dai coloni transalpini.
Un caso particolare è, invece, la letteratura e più in generale l’arte del popolo palestinese e, di riflesso, del libano. Un grande prosatore Kanafani, autore di Uomini sotto il sole e di altri famosi romanzi, la poetessa Fadwa Tuquan , Salim Giubran,il nazionalista rivoluzionario Menassira e Mahmud Darwish sono ormai entrati nella storia. Proprio quest’ultimo, il più autorevole e il migliore dei poeti palestinesi in esilio ha stilato· la ·proclamazione dello Stato di Palestina, letta da Yasser Arafat nel novembre scorso a Tunisi.
Il fatto dà un’idea di ·quanto .l’intellettuale sia considerato in una cultura che è espressione vivente di come un linguaggio unisca le sorti e le aspirazioni di milioni di individui.
Non a caso nel 1982 gl’israeliani con l’appoggio di stati capitalisti e di multinazionali, invasero il Libano con l’intento di distruggere Beirut, culla a quel tempo delle arti e delle scienze arabe. In questa città. non vi erano solo i palestinesi . da sopprimere, con le loro scuole,le loro università,i loro centri sperimentali di cinema e teatro; i loro circoli letterari, i loro laboratori di ricerca chimica; vi era tutta l’intellighenzia progressista panaraba che stava costruendo una fiorente e viva cultura antagonista.. Il Libano precipitò nel caos, ma gl’israeliani non raggiunsero il loro scopo.· Sparsi per il mondo, esuli in patria, coloro che parteciparono a quell’esperienza in Beirut continuano ancora a lavorare. L’occidente continua però a vivere compiacendosi di una presunta superiorità; godendo di estetismi e preziosismi. Prima o poi si affloscerà, e la rivincita della battaglia di Poitiers sarà giocata,
Raffaele Lazzara